Sviluppo affettivo
Un sano sviluppo della personalità dipende sia dall'adeguato sviluppo
della sfera cognitiva, affettiva e sociale, sia dalle interazioni che la persona stabilisce con l'ambiente esterno nel
corso della sua evoluzione. L'analisi degli aspetti affettivi include
esperienze psichiche relative alla soggettività, che si connotano
secondo la polarità antitetica piacere-dispiacere, in base all'intensità,
alle modalità di insorgenza, ed alla durata. In base agli elementi suddetti
i fenomeni affettivi si dividono in: sentimenti, emozioni ed umore. I sentimenti sono i componenti
basilari dell'affettività, sono persistenti ed esprimono la risonanza
affettiva con la quale la persona vive la realtà corporea, la sua socialità
ed i suoi processi psicologici. Le emozioni sono stati
affettivi spesso intensi, ad insorgenza acuta e di rapido esaurimento;
influenzano i processi psichici ed il comportamento e si esprimono sul
versante corporeo e neurovegetativo. L'umore è la tonalità affettiva di
base, va a costituire il temperamento abituale di una persona e lo stato
affettivo temporaneo.
Studiare lo sviluppo affettivo significa analizzare il tipo di rapporti
che il soggetto instaura con l'ambiente e le caratteristiche individuali,
evidenziando i fattori che influenzano l'evoluzione.
Aspetti di ordine ambientale che condizionano la qualità delle relazioni
affettive possono essere:
- il comportamento dei genitori, in modo specifico quello della madre
nei primi anni di vita; - l'atteggiamento di accettazione o di rifiuto
dell'ambiente;
- la possibilità di sperimentare esperienze sociali positive.
Particolarmente importante è la relazione madre-figlio, infatti la madre offre la prima relazione oggettuale del
bambino, sull'esperienza della quale egli costruirà le successive relazioni
interpersonali. Se questo rapporto manca o viene
significativamente alterato precocemente, nel bambino si genereranno, dal
punto di vista emozionale, stati carenziali che
influenzeranno negativamente e spesso irreversibilmente, il suo sviluppo
psicofisico.
Per carenza affettiva si intendono diverse
sindromi caratterizzate da una condizione prolungata di non soddisfazione
dei bisogni primari del bambino nel rapporto diadico con la madre.
I bambini che sperimentano una condizione di carenza
affettiva sono quelli istituzionalizzati, ospedalizzati, o quelli che sono
allontanati per lungo tempo dalla famiglia senza la possibilità di godere
di un sostituto materno valido.
Autori quali Spitz, Bowlby
e la Bender hanno studiato approfonditamente
molti casi clinici di bambini cresciuti in condizioni affettivamente
deprivanti, hanno conseguentemente evidenziato come questo stato carenziali produca effetti diversi, sempre negativi, a seconda del tipo di separazione, dell'età del bambino,
della presenza o assenza di un precedente rapporto con la madre.
Fra questi effetti si trova: un progressivo rallentamento delle funzioni
psicofisiche, difficoltà o impossibilità di stabilire adeguate relazioni
interpersonali fino ai casi più gravi di deterioramento irreversibile delle
funzioni cognitive, gravi alterazioni della sfera affettiva. Spitz fece studi sulla carenza
da insufficienza grazie ai quali osservò che bambini di sei/diciotto mesi
che si trovavano in tale stato passavano attraverso tre stadi:
piagnucolamenti, grida acute con perdita di peso ed arresto nello sviluppo,
ritiro e rifiuto del contatto (depressione analitica).
La teoria di Spitz fa capo alla psicoanalisi
genetica e si colloca nel filone della psicologia dell'Io di Hartmann. Questa corrente
distingue la crescita in due processi: i processi
di maturazione, che riguardano il patrimonio ereditario e non dipendono
dall'ambiente; i processi di sviluppo, che dipendono invece dall'ambiente e
dalle relazioni oggettuali. Spitz, per formulare
la sua teoria sull'evoluzione psicogenetica, ha osservato direttamente il
bambino: nei primi anni di vita ci sono tre organizzatori dello psichismo
che caratterizzano alcuni livelli essenziali dell'integrazione della
personalità, in essi i processi di sviluppo e di maturazione si combinano.
Lo stabilirsi di un organizzatore dipende dalla comparsa di indicatori, ossia nuovi schemi di comportamento di
seguito illustrati. La comparsa del sorriso di fronte al volto umano si
stabilisce intorno ai due/tre mesi, quando si ha
la prima relazione preoggettuale indifferenziata
e la comparsa della percezione esterna. La comparsa della reazione
d'angoscia di fronte all'estraneo, intorno agli otto mesi, periodo in cui
c'è la capacità di distinguere fra Io e non Io,
c'è relazione con oggetti diversificati. La comparsa del No, al secondo
anno di vita, in cui il bambino sa distinguere perfettamente fra sé ed oggetto materno e quindi ha relazioni sociali; qui
compare anche la capacità di concettualizzare in modo astratto, simbolico.
Anche Bowlby studiò le
carenze affettive dal punto di vista quantitativo, focalizzando
l'attenzione sulla carenza da discontinuità dei legami o separazione. I
problemi maggiori insorgono in presenza di una
carenza affettiva fra i cinque mesi ed i tre anni. Come Spitz,
anche Bowlby individua tre fasi attraversate dal
bambino privato delle cure materne: fase di protesta, al momento della
separazione il bambino piange o si agita per due giorni; fase di
disperazione, il bambino smette di mangiare, non si veste e pare depresso; fase del distacco, il bambino accetta le
cure ma potrebbe non riconoscere la madre. E' stato costruito un percorso
evolutivo caratteristico dei primi due, tre anni di vita, che comprende 4 momenti distinti: il bambino attraversa dapprima una
fase di preattaccamento, in cui i suoi comportamenti
puramente istintivi e riflessi avrebbero lo scopo di sollecitare risposte
di protezione da parte della madre; successivamente, intorno al
secondo-sesto mese si viene a determinare un interesse privilegiato del
piccolo verso la madre che non comporterebbe però ancora ansia e paura nei
confronti di questa.
L'attaccamento vero e proprio si evidenzia a partire
dall'ottavo mese e per tutto il secondo anno: il bambino oltre a
manifestare in modo spiccato comportamenti caratteristici quali, per es.
seguire la madre, aggrapparsi ad essa, toccarla, evidenzia una netta
reazione di paura, di ansia se non addirittura angoscia, in presenza di
individui estranei e durante la separazione dalla madre.
Questa inoltre costituisce con la sua presenza in un luogo non
conosciuto, una base sicura che permette l'esplorazione dell'ambiente.
Nella fase successiva, durante il terzo anno il piccolo instaura una
relazione reciproca con la mamma; il suo pensiero ormai è di tipo
simbolico, gli consente di rappresentarsi mentalmente il suo ritorno o la
sua presenza anche in sua assenza.
Di particolare interesse i comportamenti innati specie specifico, importanti dal punto di vista evolutivo
perché favoriscono la sopravvivenza del bambino permettendogli di essere in
grado di badare a se stesso o di attirare l'attenzione dell'adulto con
comportamenti quali piangere, succhiare, sorridere e afferrare. Molti
riflessi, come quelli che controllano la respirazione, rispondono ad esigenze vitali. Altri riflessi essenziali rendono
possibile la nutrizione: succhiare, inghiottire, ecc. Alcuni di questi
riflessi rimangono tutta la vita, mentre altri
svaniscono.
I riflessi sono ereditari e di tipo adattivo, stereotipati nella loro
forma; sono movimenti del corpo che orientano l'organismo verso un
particolare stimolo, azioni a schema fisso. Nella prima infanzia lo
sviluppo motorio è cefalo-caudale: i bambini riescono a controllare occhi e
testa prima delle mani.
Lo sviluppo è anche prossimo-distale: esso procede dal centro del capo
alle estremità, dai muscoli più grandi ai più piccoli. La maggioranza di
bambini normali attraversa la stessa successione fondamentale
nell'acquisire le abilità motorie: sedere, procedere a carponi, stare in
piedi (9-16 mesi) e camminare(9-17mesi). Lo
sviluppo motorio dei bambini segue lo stesso percorso in tutti i membri
della specie.
La teoria di Bowlby appartiene alle teorie etologiche assieme a quelle di Harlow: queste teorie studiano il soggetto nel proprio
ambiente naturale. Bowlby è stato il primo ad integrare gli studi dell'etologia con la psicologia
dello sviluppo; egli infatti, studiando i neonati, si accorse che molti dei
loro comportamenti innati si ritrovavano anche nei piccoli degli animali.
Le sue osservazioni sui neonati lo portarono a sostenere che l'attaccamento
sociale tra il piccolo e la madre era necessario per uno sviluppo normale.
In questo ambito la teoria dell'attaccamento di Bowlby è la prospettiva teorica di riferimento.
Attaccamento sociale: il 1° anno di vita è critico perché si formi un
fondamentale senso di fiducia negli altri e di speranza nel futuro. Ed in ciò le esperienze che coinvolgono il padre e la
madre sono le più importanti. Se che si prende cura del bambino risponde ai
suoi bisogni in modo affidabile ed attento, il
bambino sarà più felice e piangerà di meno rispetto a quelli ignorati (1°
anno di vita). Bowlby ritiene che l'attaccamento
si sviluppi fra i sei ed i nove mesi, questa
particolarissima relazione, fra bambino e madre, si sviluppa in base ad
alcuni principi da lui elencati: la tendenza innata a guardare le cose in
movimento e certe forme a preferenza di altre; l'apprendimento per
esposizione, grazie al quale il bambino riconosce le cose che gli sono familiari
e la sua tendenza ad accostarglisi; il
rinforzamento di alcuni risultati e l'indebolimento di altri. Verso i 7 mesi i bambini sviluppano un forte legame nei
confronti della madre e di una o due persone con cui ha familiarità. I
bambini che hanno sviluppato questo attaccamento,
piangono quando la madre li lascia e si aggrappano a lei quando hanno paura
o si fanno male.
La forza dell'attaccamento può variare molto: alcuni formano relazioni
sicure, altri meno fortunati, formano relazioni
insicure. Poiché l'attaccamento sociale dipende dalle interazioni sociali, la qualità della relazione madre-figlio è
cruciale.
Sfortunatamente anche le madri meglio
intenzionate non possono controllare pienamente le qualità delle loro
interazioni con le altre persone, compresi i propri figli, così è
inevitabile che certe relazioni di attaccamento madre-figlio siano meno
sicure di altre. I bambini il cui legame con la madre è insicuro, possono
sviluppare problemi emotivi e di comportamento. Negli ultimi anni, gli
impegni lavorativi delle donne, hanno fatto
emergere l'importanza della figura del padre nell'educazione quotidiana dei
figli. Questo può provocare un legame verso i padri, non meno forte che
verso le madri, specialmente se anche il padre nutre il bambino, lo lava,
ecc. Fra i nove ed i diciotto mesi i primi
comportamenti di attaccamento, soprattutto succhiare, seguire, piangere,
aggrapparsi e sorridere, si fondono con comportamenti più complessi perché
si ha un collegamento tra componenti innate ed apprese. Sempre secondo Bowlby l'individuo agisce spontaneamente per soddisfare
le richieste dell'ambiente, non come sostengono Lorence
e Freud perché spinto da impulsi biologici a cacciare cibo, a fuggire per
salvarsi o per cercare un compagno.
La critica di Bowlby alla teoria
psicoanalitica si rivolge anche al principio secondo il quale lo stabilirsi
della relazione con l'oggetto libidico avvenga per soddisfare il bisogno
orale. Bowlby era in contrasto anche con la
teoria dell'apprendimento centrata sul rinforzo, che vede la madre come rinforzo secondario; l'autore ritiene che l'attaccamento
del bambino alla madre sia in funzione di comportamenti tipici della
specie, innati; la prova di quanto dice si ritrova nell'osservazione di
bambini nati ciechi o sordi che acquisiscono ugualmente il sorriso sociale
all'età di sei settimane. Questi comportamenti hanno la funzione di
mantenere il piccolo vicino alla madre e viceversa. Le descrizioni di Spitz e Bowlby del normale
sviluppo evolutivo partendo dall'osservazione di situazioni di deprivazione
sono state molto utili; attualmente l'attenzione è
però rivolta all'ospitalismo intrafamiliare,
ossia alla carenza affettiva che può instaurarsi in senso alla qualità
della relazione, in seguito ad un alterato rapporto con la madre senza che
avvenga una separazione fisica. Spesso la madre, in famiglie
multiproblematiche, può essere inaffidabile ed
imprevedibile, di conseguenza, il rapporto che instaura con il suo bambino
è inadeguato o patogeno; ciò può determinare una condizione di fragilità
dell'Io deteriorandone il successivo sviluppo della personalità.
Una madre non accogliente, non contenitiva, che non sa offrire un
adeguato maternale, sia per una sua condizione emotiva sia per difficoltà
oggettive di vita, fa sì che il bambino non sperimenti un adeguato
attaccamento. Lo sviluppo affettivo è stato descritto soprattutto
attraverso i risultati offerti dalla psicoanalisi. La psicoanalisi è retta
da assunti di fondo che costituiscono dei modelli
che si integrano l'uno con l'altro, per dare una interpretazione articolata
dello sviluppo.
Due sono fondamentali:
1) L'uomo è un essere conflittuale, nel quale le pulsioni, e i loro
derivati: cioè i desideri, si scontrano con le esigenze esterne, materiali
(non disponibilità degli oggetti e dei mezzi di soddisfazione) e sociali
(divieti), queste ultime trasformatesi in esigenze interiorizzate. L'uomo è
quindi inevitabilmente un essere frustrato, angosciato, che per
sopravvivere elabora dei meccanismi di difesa.
2)L'uomo è un essere passionale, cioè asociale (narcisista, perverso
polimorfo) e irrazionale (governato dal principio del piacere) che cerca di
diventare sociale e razionale per sopravvivere, e non essere sopraffatto
dall'angoscia, con molteplici e anche raffinati compromessi come l'altruismo,
la cooperazione, la cultura.
Sono messi in luce, inoltre, i principi economici e le leggi dinamiche
dello sviluppo che possiamo così riassumere:
A) L'energia di base è stata definita libido. Tale
energia, originariamente indifferenziata, evolve nel fascio delle tendenze
che poi definiamo personali, sessuali e sociali. All'inizio nel bambino
sarà presente una libido narcisistica e poi quando egli sarà in grado di
distinguere dal sé il mondo esterno, si parlerà di libido oggettuale.
B) L'energia di base non comprende solo forze che corrispondono
all'attrazione verso il sé o verso l'oggetto: forze erotiche; bensì anche forze di repulsione, tendenti all'allontanamento, alla
distruzione, definite aggressive. Una parte di queste sono dirette anzi
verso il soggetto stesso e determinano l'auto-aggressività. L'impulso
aggressivo ha origine precocissima ed è stimolato dalle primitive
frustrazioni del bambino. La reazione primitiva automatica, alla
frustrazione, è infatti l'aggressività rivolta
all'oggetto frustrante, che all'inizio è la madre, verso la quale si
stabilisce un rapporto ambivalente: impulsi d'affetto coesistono con
impulsi aggressivi.
L'aggressività è rivolta ad un oggetto che è
anche l'oggetto d'amore, d'attrazione. In un secondo tempo il soggetto si
rende conto di questa ambivalenza e della propria
tendenza distruttiva verso la madre ed avverte una situazione di conflitto
e quindi di ansia in quanto teme di perdere l'oggetto d'amore. L'energia
degli impulsi non può essere annullata, può essere
solo rimossa, trasferendo l'impulso stesso a livello inconscio, così da
essere ignorato sul piano della coscienza.
Oltre alla rimozione però, può aversi nel bambino il trasferimento degli
impulsi aggressivi verso se stesso; gli impulsi eterodistruttivi, diventano così autodistruttivi, autoaggressivi.
C) L'evoluzione delle tendenze passa attraverso fasi di polarizzazione
dell'interesse del soggetto su certe parti del
corpo. Così la sessualità dapprima diffusa o indifferenziata, passa successivamente attraverso una fase orale: anale-fallica-genitale. Però
rimangono nell'adulto es. quote di oralità sessuale (manifestata nel
bacio).
D) Nel rapporto di dipendenza del bambino rispetto alle persone
dell'ambiente familiare che lo circondano, la figura dominante è la madre;
poi vengono altri componenti della famiglia. Lo
sviluppo va da una posizione di assoluta dipendenza ad
una di progressiva indipendenza da queste figure, dalle quali però non
diverrà mai totalmente indipendente.
E) Per quanto riguarda la vita morale, si è evidenziato il passaggio da
una prima fase di morale eteronoma, proprio del
bambino piccolo che fa certe cose solo per evitare rimproveri e meritare
premi, diretta dall'esterno, ad una successiva
fase di morale autonoma, caratteristica del soggetto che ha interiorizzato
le norme.
F) Alcuni studiosi danno importanza anche al periodo intrauterino,
prenatale per quanto riguarda lo sviluppo psichico. Lo sviluppo della vita
prenatale ha ricevuto un notevole impulso nell'ultimo decennio grazie
all'introduzione ed al perfezionamento di alcuni
strumenti di indagine fra cui l'ecografia. L'ecografia è una tecnica
agevole che permette l'osservazione diretta del feto in utero, consentendo
di rilevare la sua attività motoria, è un processo di osservazione
assimilabile allo specchio unidirezionale. Lo studio degli aspetti
qualitativi e quantitativi della motilità fetale è importante perché
permette diagnosi e prognosi nell'evoluzione di una gravidanza, con
particolare attenzione alla salute del feto. Inoltre permette di indagare
sull'esistenza e sulle caratteristiche di un'attività mentale del feto; la
psicologia fetale va a confermare l'ipotesi che la nascita non rappresenti
che un momento, sebbene cruciale, nel corso dello sviluppo psicofisico, non
certo il suo inizio.
La tradizionale classificazione psicodinamica dello sviluppo prevede le
seguenti fasi:
Prima infanzia - Fase Orale: 1° anno
Il piacere in questa fase è dato dal succhiare e si colloca nella bocca.
Verso i 6 mesi c'è il piacere di morsicare. La
personalità nasce come un insieme di tendenze allo stato puro, cioè di impulsi e bisogni che vogliono soddisfazione piena e
immediata. ES= è li
complesso di forze istintive che l'individuo riceve in dotazione dalla
specie. La personalità del soggetto è inizialmente tutta costituita di ES.
Invece nell'adulto l'ES costituirà solo una parte, essendosi nel frattempo
sviluppati l'io: componente cosciente e razionale
ed il super-io: componente normativa, sociale.
L'es è dunque irrazionale. Alla personalità
infantile iniziale, che si identifica con l'es, si contrappone la realtà esterna che pone dei
limiti, risultando cioè frustrante: quindi da una quota di personalità
nasce l'io che si pone come istanza mediatrice tra l'es
e la realtà e che ha il compito da un lato di interpretare i bisogni dell'es e dall'altro di accordarli con la realtà. Il tipo
particolare di rapporto che il bambino ha con la realtà, permette di
distinguere nella fase orale diversi periodi:
Periodo del rapporto pre-oggettuale con la
realtà: i primi due mesi, nei quali il bambino non percepisce le realtà
"fisica" come esterna. Egli ad esempio
non avverte il seno materno e la madre stessa come diverso da sé, ma come
qualcosa di personale. E' la fase definita del narcisismo primario:
posizione egocentrica assoluta. Mahler chiama questa fase "autismo
normale; Spitz "assenza dell'oggetto"; Hartman, A.Freud,
Kris "fase indifferenziata". Per gli psicoanalisti delle
relazioni oggettuali (Klein, Bowlby, Winnicott, Mahler, Spitz) la
capacità di porsi in relazione con l'oggetto avviene quando avviene la differenziazione tra il Sé e l'oggetto.
Mentre per Freud tale capacità deriva dall'integrazione delle pulsioni
sotto il primato della genitalità.
Periodo del rapporto oggettuale con oggetto precursore: è la fase
caratterizzata dal sorriso del bambino, di fronte ad un oggetto costituito
da un volto, che sia situato di faccia e che si muova; di profilo non
provoca il sorriso. Questo periodo il bambino ha iniziato il rapporto con
oggetti diversi dal sé. Egli però non sa ancora distinguere le cose dalle
persone: si parla quindi di "oggetto precursore". Spitz lo definisce precursore dell'oggetto: il I
organizzatore psichico.
Periodo del rapporto oggettuale con oggetto privilegiato: 7°-8° mese. Il
bambino comincia a distinguere la madre dall'estraneo. Il volto della madre
riconosciuto diventa l'oggetto privilegiato. C'è ora una risposta
selettiva: accettazione della madre e difesa dall'estraneo. Infatti si definisce angoscia dell'ottavo mese quella
che prova il bambino di fronte alla figura non materna. Spitz
lo definisce II organizzatore: questo serve a
catalizzare le successive esperienze secondo la dicotomia
conosciuto/sconosciuto. Questa reazione non si avrà nel bambino allevato in
befatrofio.
Altro contributo alla comprensione della stretta interdipendenza dello
sviluppo affettivo con quello cognitivo è dato dalle osservazioni di M.Klein che ha studiato la
personalità infantile direttamente, impiegando nel bambino il metodo
psicoanalitico. La vita del bambino nei primi mesi è particolarmente ricca
di contenuti che prendono il nome di Fantasmi: questi sono costituiti dai
sogni, dalle fantasie, dalle rappresentazioni mentali. Secondo K. la vita primitiva del bambino è regolata soprattutto
dall'intimo e tiene conto principalmente di queste "presenze"
interne di ordine fantastico. Le esperienze intime del bambino riguardano
inizialmente i suoi bisogni e la loro soddisfazione. Es. con l'allattamento
il bambino appaga il suo bisogno alimentare, sessuale e sociale: piacere.
Se non può soddisfare il proprio bisogno, questo provoca insoddisfazione:
dispiacere. Egli vive la madre come oggetto buono quando soddisfa i suoi
bisogni, e come oggetto cattivo quando frustra tali bisogni. Il bambino
vive cioè dapprima due oggetti diversi, laddove c'è uno
solo reale: posizione schizo-paranoide. L'ottavo
mese coincide con la scoperta che queste due presenze sono una medesima
persona e rappresenta una constatazione traumatizzante, e da ciò
deriverebbe nel bambino il sentimento di colpa. Il bambino si accorge che
l'oggetto materno è apportatore di due realtà: quella buona e quella
cattiva. Egli così instaura con la madre un rapporto di ambivalenza
affettiva superando un'iniziale fase di depressione dell'umore: posizione
depressiva. In definitiva, il bambino supera il periodo critico in quanto si accorge che la realtà non è totalmente
ostile: la madre infatti, pur essendo talora frustrata, in genere è li che
lo cura e si prodiga per lui.
Tornando alla fase orale, va sottolineato che
la bocca non è la sola sede delle esperienze primarie ed essenziali della
vita affettiva. Si sono dimostrate di importanza
fondamentale per l'equilibrio psicofisico del neonato la stimolazione
cutanea (termica, tattile, cinestesica) che risulta fondamentale per lo
sviluppo del senso di sicurezza, di apertura fiduciosa verso l'ambiente.
Anche il canale acustico è fondamentale. Sulla ricchezza e la varietà degli
scambi, e soprattutto sulla qualità delle relazioni si vengono costituendo
le fondamenta dell'affettività del bambino. In particolare i sentimenti di
sicurezza-insicurezza; fiducia-sfiducia; cominciano a radicarsi in questa
fase.
Fase Sadico-anale: 2° anno
L a zona corporea implicata nello sviluppo affettivo in questa fase è
quella anale. La fase sadica è così denominata per sottolineare
il fatto che il bambino comincia a soddisfare in quest'epoca certi bisogni
di aggressività e di lotta. Si comincia a sviluppare l'autonomia motoria,
la locomozione ed il bimbo trae piacere dalle
prime esperienze di lotta, di competizione fisica coi coetanei, con gli
oggetti fisici. Comincia a svilupparsi l'attività verbale con la comparsa
del NO ancora prima del SI: usa il no di fronte alle sempre più frequenti
richieste e restrizioni della madre che tende a limitarlo.
In questa fase la zona degli sfinteri che regolano la escrezione
acquista importanza particolare.
Infatti nel 2° anno la madre da un lato
restringe la motricità, dall'altro disciplina la funzione intestinale,
esigendo che il bambino non sporchi. Il bambino, educando i propri sfinteri
si impegna ad un rapporto di scambio con
l'ambiente: egli non ha più soltanto un atteggiamento volto a prendere, a
soddisfare le sue esigenze, bensì anche a fornire una prestazione. Col dare
e trattenere le feci egli può infatti dimostrare
che ha imparato a corrispondere. L'atteggiamento dell'adulto è decisivo ai
fini dello sviluppo affettivo, atteggiamenti di limitazione e di interdizione o colpevolizzazione possono contribuire
ad accentuare nel bambino i tratti della inibizione, della coartazione e
del super controllo: un super controllo che da esterno si fa via via interno una volta che il bambino ha assimilato le
norme educative. In altri casi può dominare un clima di contrapposizione e
di scontro: una contrapposizione che può avere il suo esito in frequenti
cedimenti dell'adulto che può portare ad un
interminabile braccio di ferro o ad una incoercibile resistenza passiva tra
adulto e bambino. L'atteggiamento dell'adulto prosegue il processo di
modellamento delle disposizioni affettive e della personalità già iniziato
al primo anno di vita.
Seconda infanzia - fase Fallica o Edipica (3°-4°-5°
ANNO)
Verso il 3° anno il bambino per la prima volta vive una serie di problemi
che coinvolgono la genitalità e si accentua
l'interesse verso quegli organi esterni che meglio rappresentano la
sessualità. Il bambino pone ai genitori domande su 2
problemi: la differenza tra i sessi; il meccanismo della nascita del
bambino. L'ipotesi iniziale che i bambini generalmente fanno è quella di una ugualianza tra i sessi:
l'organo genitale della bambina è considerato identico a quello del
maschio. La fase fallica o edipica è caratterizzata da una situazione
triangolare nel rapporto del bambino con le figure dei genitori. Verso il
3° anno il bambino comincia ad avvertire sempre più intensamente, un
ostacolo al possesso egocentrico del genitore del sesso opposto, verso cui
è attratto. L'ostacolo è rappresentato dal genitore dello stesso sesso; il rivale
modello diventa così l'oggetto della identificazione
normativa del bambino, attraverso la quale egli incorpora inconsciamente
molti dei modelli di condotta, le norme, le regole, i programmi e le
inibizioni, che il padre rappresenta. Tutto ciò, entrando a far parte di
fatto della sua personalità, costituirà in essa quella componente
che è denominata super-io: qualcosa che può essere vissuto come più forte
dell'io nel senso che non solo frena gli impulsi dell'es,
ma anche ispira il comportamento dell'io stesso. La figura paterna viene presa dentro, fatta propria, ingoiata o
introiettata, come si suol dire nel linguaggio
psicoanalitica, realizzandosi con ciò ad un tempo il superamento, la
distruzione dell'oggetto frustrante, il padre, e l'arricchimento normativo
del soggetto.
Assimilando le norme, il bambino impara progressivamente a dilazionare i
propri bisogni, ed in particolare ad escludere dai
propri desideri il totale possesso affettivo della madre.
La bambina, d'altro canto, si rende conto di non avere il pene e rivolge
la sua attenzione nei confronti del padre. Timore di perdere la madre e
senso di inadeguatezza la portano al superamento
di questa fase attraverso la rimozione e l'identificazione successiva con
la madre, accettandola come modello di crescita. La situazione edipica può
avere effetti molto diversi in relazione alla
differente strutturazione di ogni nucleo familiare: per quel che riguarda
l'atteggiamento verso la sessualità, in casi estremi il risultato può
essere quello della rinuncia e della totale rimozione con l'effetto di una
vera e propria castrazione psichica (impotenza; frigidita);
in altri casi una particolare costellazione familiare può provocare
condizioni di incertezza o di inversione nella identificazione sessuale.
La fiducia ed i sentimenti affettivi verso
l'altro sesso possono essere turbati se si hanno avute esperienze familiari
negative; le persone possono quindi avere la tendenza a sviluppare reazioni
delusorie o gelosia esasperata, senso di inferiorità in seguito ad esperienze
edipiche particolari.
La dinamica della tipica relazione triangolare è, anche se oggi sempre
meno spesso, complicata dalla presenza di altri membri nella famiglia,
quali fratelli e sorelle. La dinamica dei rapporti tra fratelli si inserisce nella dinamica edipica differenziando e
personalizzando l'esperienza affettiva dei singoli.
Terza infanzia - Fase di Latenza (5°-6°-11°anno)
Mentre dal 3° al 5° anno il bambino tendeva attivamente a mettere in 1°
piano tutto quello che a suo modo riguardava la sessualità, dopo il 6°
anno, risolta la fase edipica, quell'effervescenza si spegne e su tutti
quei fenomeni si stende, se pur non completamente, il velo della rimozione.
Nella fase di latenza gli impulsi sessuali subirebbero un decremento e questo periodo risulta molto importante per
la maturazione intellettiva; affettivamente questa fase non pone gravi
problemi.
Il fanciullo è preso dagli interessi
intellettuali e ludici, si aggrega ai compagni, si sforza nell'assimilare
le norme e le caratteristiche sociali. ha un
grande disinteresse per il sesso opposto. C'è un progressivo declassarsi
delle figure autoritarie familiari, e quindi una maggiore capacità di
differenziare giudizi e comportamenti al fine di raggiungere un buon
adattamento nel gruppo.
E' verso l'11° anno, all'ingresso nella scuola media, che il ragazzo
acquista l'identità di sé nelle diverse azioni e riconosce che è sempre lui
che dice una bugia in certe occasioni e la verità
in altre, che a volte può essere ribelle e a volte disciplinato: così anche
gli altri sono percepiti non più negli effetti della loro condotta, ma come
degli IO totali, dotati anch'essi di una identità, pur variabile, nelle
diverse circostanze. Ciò conduce a rapporti sociali più reali e profondi e
segna l'inizio della successiva fase di sviluppo: adolescenza.
Eta' della latenza: inibizione psichica o inibizione biologica:
Freud faceva coincidere con l'inizio della latenza, meccanismi di difesa
quali la regressione e la rimozione, e la fromazione
reattiva, la sublimazione e la fantasia per il suo mantenimento.
Shapiro e Perry, facendo riferimento anche a
studi di tipo neurologico e cognitivo, indicano nell'età di 7 anni una importante tappa sul piano maturativo, specie in relazione al raggiungimento del
pensiero operatorio. L'età della latenza non viene
considerata come un periodo di quiete o diminuzione della pulsione
sessuale, ma come l'espressione di una raggiunta maggior capacità di
controllo delle energie, di dilazionamento
dell'energia, in seguito alla concomitanza di diversi fattori relativi allo
sviluppo neurologico, cognitivo e psicodinamico; in questo caso si
sottolineano le conseguenze del superamento del complesso edipico inteso
come risultato dell'interiorizzazione delle immagini parentali e della
formazione definitiva del Super-Io per cui se da un lato la latenza si
configura come una specie di periodo di attesa nel corso dello sviluppo in
cui si verifica un rallentamento o riduzione dell'affettività e
dell'immaginazione, dall'altro questa pausa permette al bambino di
abbandonare in parte gli interessi edipici per i genitori, uscire nel mondo
esterno, cominciare a socializzare ed imparare nel senso scolastico del
termine.
Al di fuori dell'ambito psicoanalitico, si sta affermando un nuovo
approccio che ha rivalutato la nozione di temperamento nello studio della
personalità. La definizione più attendibile è quella di Thomas e Chess che parla di stile comportamentale. Differenze
individuali nel comportamento del bambino, caratteristiche
personali già presenti dalla nascita, permettono di ipotizzare stili
comportamentali diversi, che influenzerebbero fortemente le modalità
allevanti della madre. L'aspetto dell'interazione tra il
temperamento del bambino e la risposta dell'ambiente appare di fondamentale
importanza.
Se infatti da un lato il bambino nasce con un
corredo biologico proprio che comprende delle informazioni che riguardano
caratteristiche individuali, dall'altro tale corredo lo predispone a
interagire con l'ambiente e ad adattare le sue azioni in funzione di esso.
Lo stile comportamentale del bambino si definisce rispetto ad alcune
dimensioni che differiscono sin dalla nascita; queste sono il livello di
attività, la regolarità delle funzioni biologiche, l'approccio o la
ritirata di fronte agli stimoli nuovi, il grado di adattabilità, la soglia
sensoriale, l'umore prevalente. Tali dimensioni permettono di individuare
tre ampie categorie di temperamento: quella del bambino facile, del bambino difficile, del bambino lento a scaldarsi. Uno
sviluppo positivo del bambino è garantito proprio dalla cosiddetta goodness of fit, cioè una perfetta concordanza tra le
caratteristiche del bambino e le aspettative e le
risposte dell'ambiente. A livello di indagine
rispetto allo sviluppo affettivo, sembra fondamentale utilizzare i reattivi
del disegno, nonostante i limiti dei tests
proiettivi. Il test del disegno dell'albero di
Koch ci indica le strutture portanti, gli aspetti autentici e profondi
della personalità, è l'equivalente dell'autoritratto. Le radici
dell'albero, nella loro presenza o assenza, danno stabilità alla persona,
rappresentano la parte primitiva ed istintuale,
l'energia vitale; il tronco rappresenta l'Io, con i suoi eventuali traumi o
nodi, collocabili lungo lo sviluppo evolutivo; la chioma è l'espressione
della vita mentale, della creatività, degli interessi e soprattutto delle
relazioni con l'ambiente sociale. Il test del disegno della figura umana di Machover offre l'autoimmagine personale e sociale immediata che il
bambino possiede di se stesso.
Le relazioni con l'ambiente sono individuate nel test del disegno della
famiglia di Corman, qui è possibile seguire le
fasi dello sviluppo del bambino in base alla collocazione
dei personaggi nello spazio, alle loro dimensioni, alle caratteristiche
grafiche, sulla base delle identificazioni.
Di solito il bambino disegna la famiglia che desidera, o quella di cui
ha paura, sulla quale riversa aspettative, difese,
esigenze e tendenze affettive positive o negative, bisogni; è una
famiglia differente dalla famiglia reale. Anche il C.A.T.
è utile per individuare i conflitti di base nello sviluppo psico-affettivo, i meccanismi di difesa, i rapporti con
i genitori, le tappe della maturazione affettiva e le identificazioni. Nel C.A.T. sono presentate al bambino scene di animali, in
base ad esse al bambino è richiesto di inventare una storia. La teoria
cognitivista con la terapia cognitiva propone la possibilità di intervenire
sulla sfera affettiva ed emozionale non direttamente, ma attraverso la
correzione e la trasformazione delle cognizioni che ne sono all'origine. Un
principio di base è che il contenuto del pensiero influisce sullo stato
d'animo, determinandolo.
L'evento sperimentato diventa soggettivo grazie al suo significato di
piacevolezza o spiacevolezza che gli viene
attribuito con l'interpretazione. Il modello cognitivista fa risalire molti
problemi psichici a distorsioni delle realtà, visioni della stessa basate su premesse errate, avvenute per un apprendimento
difettoso nel corso dello sviluppo. Si formano così giudizi inesatti che
hanno valore di abitudini sempre più radicate, delle quali la persona non è
consapevole; valutazioni irrealistiche della realtà prevalgono su quelle
realistiche e le reazioni del soggetto appaiono eccessive ed inappropriate. La nevrosi, in questo modello
terapeutico, è vista come un disturbo del pensiero in cui la persona
distorce la realtà per adattarla alle idee che dominano il suo pensiero.
Le differenze fra le varie nevrosi sono date dal diverso contenuto del
pensiero; la forza di tali pensieri aumenta quanto
più la patologia è grave. L'approccio cognitivista usa, come strumenti
terapeutici, le interpretazioni, le previsioni, le strategie di soluzione
dei problemi, i ragionamenti, ossia gli aspetti del pensiero che il
paziente può impiegare in modo costruttivo.
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