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 Il rapporto madre-figlio

Notizie da organi di stampa ed altro...Anonymous Scrive "

Le prime fasi della vita sono un momento critico per la formazione del senso di sicurezza che accompagnerà il bambino nell'esistenza. Purtroppo, alcune carenze diventano evidenti solo con il tempo.


Mente&cervello - Anna Oliverio Ferraris


Che la madre sia una figura fondamentale nella vita di un figlio è una convinzione talmente accettata e radicata da poterla considerare un assioma, ossia un principio generale evidente la cui dimostrazione è del tutto superflua.
Tutti noi sappiamo che, senza una figura di attaccamento come può essere la madre, un neonato, per quanto dotato di buone risorse, stenta a crescere. Al punto, qualche volta, da non riuscire neppure a sopravvivere. Sappiamo anche, perchè lo deduciamo dalle nostre esperienze dirette e indirette, che la madre è quasi sempre il polo affettivo e il punto di riferimento più importante nell'infanzia degli esseri umani - come di moltissime altre specie animali - e tale resta, a volte, anche in età adulta.
Non è però altrettanto evidente come nasca e si sviluppi questo rapporto fondamentale e profondo tra madre e figlio, che gli addetti ai lavori definiscono "primario": quali e quante importanti funzioni svolga nelle prime fasi della vita, come possa essere vissuto dall'una e dall'altra parte, e quali rischi corrano i bambini - e i piccoli di altre specie animali - quando il "legame primario" è, per motivi diversi, carente, difettoso o assente.
E' grazie agli studi sull'attaccamento nel mondo animale, alle osservazioni cliniche e agli studi di psicologi e psicoanalisti su persone che abbiano sofferto di carenze affettive nella prima infanzia, che oggi disponiamo di un corpus sistematico di conoscenze. Conoscenze che ci consentono di fare previsioni sull'evoluzione del rapporto madre-figlio, di coglierne le peculiarità, di creare condizioni favorevoli e di intervenire laddove si presentino difficoltà o ci siano mancanze.
ETOLOGI E CUCCIOLI - A Konrad Lorenz e a Eckhard Hess, i due celebri studiosi del comportamento, si deve il merito di aver individuato il meccanismo dell' "impronta" (o imprinting), geneticamente determinato, che dopo la nascita lega alla madre i piccoli di specie animali caratterizzate da uno sviluppo cerebrale precoce. L'esempio più famoso è quello degli anatroccoli. Nell'arco delle prime 24-28 ore di vita i piccoli anatroccoli seguono istintivamente gli spostamenti e la sagoma della madre: grazie a questo impulso possono raggiungere i luoghi in cui si trova il cibo e imparare a distinguere gli oggetti commestibili da quelli che non lo sono. In quel pugno di ore dopo la nascita gli anatroccoli si "attaccano" alla madre, che diventa il loro punto di riferimento, la guida a cui si affidano, la base sicura presso cui riparare qualora la situazione diventi allarmante, pericolosa o poco chiara. Imparano presto anche a distinguere il richiamo della madre da tutti gli altri. La stessa cosa si verifica per la madre che, tra centinaia di suoni diversi, sa riconoscere il verso dei propri piccoli: una capacità sorprendente, presente sia negli uccelli sia nei mammiferi, che le consente di recuperare i piccoli se questi si sono allontanati troppo da lei.
Sebbene quello dell'impronta sia un meccanismo ad alta precisione, che fa capo ad un orologio biologico specie specifico, madre natura ha previsto - come spesso fa - singolari alternative: se la mamma viene a mancare, i piccoli seguiranno altri "oggetti" in movimento che trovino accanto a loro nelle prime ore successive alla nascita. A questi oggetti in movimento resteranno legati per tutta l'infanzia[...]
VINCOLI AFFETTIVI - L'attaccamento a un sostituto materno si verifica, sia pure con altri tempi e altre modalità, anche nei mammiferi, esseri umani compresi: se la mamma biologica è assente o non disponibile, i cuccioli possono trovare calore, affetto e protezione in una mamma adottiva che, in qualche caso, può anche appartenere ad una specie diversa dalla loro o essere di sesso maschile.[...]
Per sopravvivere, un neonato ha bisogno che qualcuno si occupi di lui, non soltanto per alimentarlo o coprirlo, ma anche per trasmettergli, con la sua presenza e le sue interazioni, sicurezza e ottimismo.
Nei primi mesi e per tutto il primo anno di vita, la mamma (o un suo sostituto), è colei che viene incontro ai bisogni del piccolo con una vasta gamma di comportamenti spontanei che accolgono, avvolgono, tollerano, giustificano, valorizzano, proteggono. La vicinanza, il contatto fisico e la voce sono i veicoli attraverso i quali si alimentano il senso di sicurezza e il benessere psicologico del bambino. Quando un neonato piange è talvolta sufficiente parlargli dolcemente o sussurrargli una filastrocca perchè si calmi o diminuisca l'intensità del pianto, quasi che la voce funga da carezza tranquillizzante.[...]
UN LEGAME RECIPROCO - Nella nostra specie l'attaccamento madre-bambino è un legame reciproco che si forma nei primi 3 anni. La consolabilità e il pianto sono soltanto due dei tratti che contribuiscono alla costruzione della relazione di attaccamento: i bambini conquistano gli adulti anche con le fattezze del volto e del corpo, con i vocalizzi, i sorrisi, il profumo dela pelle, gli sguardi, i movimenti, le posture e soprattutto con il senso di protezione che riescono a suscitare. L'attivazione dei comportamenti parentali è legata in buona parte ai sentimenti che si provano a contatto con il bambino piccolo: riuscire a far sorridere un neonato, a consolarlo, a ottenere la sua attenzione genera nelle persone che se ne occupano un sentimento di elezione, di efficacia e di piacere che innesca un dialogo fatto di segnali significativi.
In più, per la mamma che allatta entrano in gioco fattori ormonali che la rendono propensa ad "innamorarsi" del proprio bambino e a continuare con lui, anche dopo la nascita, quel rapporto simbiotico che aveva durante la gravidanza, quando lo percepiva come parte di sè.
Un'altra dimensione importante nel cementare la relazione bambino-figura di attaccamento è la "cuddliness", un termine inglese traducibile solo con una perifrasi: la capacità del neonato di rannicchiarsi e abbandonarsi nelle braccia di un adulto. La buona disposizione del bambino a modellare il proprio corpo su quello dell'adulto che lo tiene tra le braccia e a rilassarsi indica la sua completa fiducia e la disponibilità a ricevere affetto.[...]
DINAMICHE DELICATE - Quando lo si tiene rannicchiato sul proprio corpo, quando lo si culla, gli si parla o gli si canta una canzoncina, il piccolo sente che qualcuno si sta occupando di lui, che gli si attribuisce un valore e a sua volta si "attacca" a chi lo cura. Crescendo, distingue sempre meglio le persone che lo accudiscono e a esse si affeziona. E' fragile, ma se qualcuno gli vuole bene si sente fortissimo, onnipotente. Ciò che è fondamentale in questa fase è che il piccolo senta che si tiene a lui, che non è soltanto curato e sostenuto fisicamente, ma è anche nella mente di qualcuno e che questo qualcuno vuole il suo bene[...]. Nella dinamica dell'attaccamento, dunque, una mamma che abbia le indispensabili qualità di base per poter svolgere il suo ruolo, crea per il bambino un clima in cui sono possibili sia l'esplorazione creativa sia la verifica della realtà, e il graduale distacco da lei. Prima di raggiungere questa fase di maturità, però, il bambino può vivere forti angosce quando, tra i 7-8 e i 16-18 mesi, la figura di attaccamento si allontana e non ci sono altre figure analoghe nelle vicinanze, o quando si trova all'improvviso con estranei di cui non sa prevedere reazioni e comportamenti. In questa fase va formandosi un primo "concetto di sè": una sorta di "immagine di sè nel mondo". A contatto con le figure di attaccamento e sulla base delle esperienze quotidiane il bimbo si forma un proprio punto di vista o filosofia della vita, o, se vogliamo, una sorta di rappresentazione dei propri sentimenti profondi di fronte al fatto di vivere. E' allora che acquisisce un sentimento fondamentale di fiducia e di allegria o, al contrario, di sfiducia.[...]La reciprocità è fondamentale nel dare inizio a quel processo che, lentamente e gradualmente, porta il bambino a rendersi autonomo. Un buon attaccamento fa sentire sicuri e ha effetti positivi, fisici e psicologici, sia immediati che a lungo termine.[...]
IL MOMENTO DELL'ESPLORAZIONE - Una tappa importante del rapporto mamma-bambino è quella che coincide con il bisogno di uscire da quella simbiosi che caratterizza i primi tempi, quando il neonato percepisce il proprio corpo come un prolungamento di quello della mamma e la mamma considera il neonato ancora come parte di sè. La simbiosi dei primi tempi - fisica e psicologica - svolge un ruolo fondamentale per la sopravvivenza del neonato, tant'è che una mamma indifferente o che non riesca a trasmettere calore e disponibilità disorienta il bambino e rende problematico il processo di attaccamento. A mano a mano, però, il legame iniziale deve trasformarsi per lasciare al figlio la possibilità di crescere, di acquisire competenze, sicurezza e un'identità separata da quella della madre.[...] Da una mamma ci si attende flessibilità. Una mamma deve accettare che suo figlio sia altro da sè, che possa avere una volontà e dei desideri diversi dai suoi, che possa coltivare anche altri affetti e altri legami. Per crescere, poter comunicare e non correre il rischio di svilupapre un "falso sè" (per compiacere in tutto e per tutto le aspettative altrui, originariamente quelle della sua figura di attaccamento primaria) un figlio deve diversificarsi dalla madre. Se si è identici, ci si riflette l'uno nell'altra ma non si arriva a riconoscere i propri stati emotivi separati da colei con cui si è in simbiosi. La troppa vicinanza toglie la prospettiva. I sentimenti si fondono e si confondono. Ci si sente al sicuro, forti e potenti soltanto nello spazio primigenio; al di fuori di quello spazio si è invece piccoli e indifesi.[...]
LE RADICI DEL DISAGIO - Gli effetti delle carenze nel legame di attaccamento sono riscontrabili fin dai primi 2 anni di vita. A partire da un anno si possono già descrivere 4 grandi tipologie di attaccamento dal modo in cui i bambini reagiscono alla separazione e alla presenza della loro figura di attaccamento principale, che generalmente è la mamma:
- Nella grande maggioranza dei casi i piccoli, superata la fase critica dei 7-16 mesi, riescono a sopportare senza drammi le progressive assenze della mamma e non protestano quando vengono lasciati con altre persone che conoscono. E' l'attaccamento sicuro.
- Un secondo gruppo comprende bambini che hanno bisogno della presenza continua della mamma, anche se possono dare l'impressione di essere autonomi. Il legame è molto forte ma mascherato. Sarà soltanto in seguito che si manifesteranno le difficoltà, nel momento, cioè, in cui il bambino dovrà dare prova di reale autonomia, per esempio nel momento dell'entrata a scuola e nell'adolescenza. E' l'attaccamento evitante.
- Il terzo gruppo comprende alcuni bambini affettuosi che non sopportano di non avere sempre accanto la mamma e che si allarmano non appena lei si allontana. La mamma non si comporta in modo coerente (dice una cosa e ne fa un'altra, ha sbalzi d'umore continui, alterna affettuosità a maltrattamenti, sollecita il bambino e poi lo respinge) e loro non sono in grado di prevederne le reazioni. Sono in genere bambini molto ansiosi. E' l'attaccamento ambivalente.
- L'ultima categoria comprende un gruppetto di bambini molto disturbati dall'assenza della mamma e impauriti dalla sua presenza. Il bambino presenta comportamenti contraddittori, guarda altrove quando la mamma lo prende in braccio e quando cerca di raggiungerla.[...] I bisogni di base del bambino - amore, affetto, calore, accettazione incondizionata - non sono stati soddisfatti.[...] E' l'attaccamento confuso, che può dar luogo a gravi disturbi della personalità se il piccolo non riesce a stabilire un legame con un'altra fonte di attaccamento.[...]


(Ilaria)

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